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coltivazione del rafano

Coltivazione del rafano

La coltivazione del rafano, che fra le piante officinali ancor oggi è tenuta in grande considerazione, si situa in un’epoca davvero remota.

Prima della  coltivazione del rafano  per molto tempo l’uomo primitivo ricercava questa radice allo stato selvatico per le sue proprietà medicamentose e per nutrirsene ben prima che  iniziasse a coltivare, circa 10.000 anni fa.

Ancora oggi questa radice, dalle straordinarie proprietà, è tenuta in grande considerazione e la coltivazione del rafano è  comune in tutta Europa.

In Italia  questa pianta si può trovare, inselvatichita, anche allo stato spontaneo.

I sinonimi che vengono attribuiti al rafano e che sono utilizzati comunemente nella lingua parlata sono, oltre al rafano, cren e barbaforte.

Nei vari dialetti i nomi   dati a  questa pianta sono davvero numerosi, perché  la coltivazione del rafano è diffusa  in tutta Italia.

Ne voglio citare alcuni che attestano la  capillare e antica diffusione di questa radice nel nostro paese.

Nel dialetto ligure il rafano si dice “Ravanasso”, in quello piemontese “Ravanet, in Lombardia “Remolass”, in Emilia “Crein”, il dialetto toscano lo indica come “Barbaforte” e “Erba da  Scorbuto”, nel dialetto umbro viene chiamato “Pizzica lingua” mentre in Sicilia è il “Rafanu di Spagna” e in Sardegna è l’”Armurata”.

In Basilicata, per il sapore forte e aromatico della sua radice,  viene indicato come “il tartufo dei poveri”.

Come puoi notare questa pianta e la sua radice, che è la parte utilizzata del rafano, è conosciuta e impiegata in molte  regioni.

Come se non bastasse anche da un punto di vista scientifico ha più di un nome: infatti in botanica il rafano è catalogato come Armoracia rusticana, Cochlearia armoracia, Radicula armoracia e Nasturtium amoracia.

In Italia, pur essendo diffuso, non è molto frequente trovarlo in cucina forse perché questa radice, che è inodore quando è intatta,  emana un effluvio pungentissimo appena la si taglia o la si gratta.

Se una persona che in cucina è alle prese con il rafano    gratta questa radice, se ha un intasamento delle vie nasali o respiratorie, il suo profumo così pungente è in grado di aprire in un attimo i condotti nasali anche quelli più ostruiti.

Non per nulla il rafano venne impiegato, molto prima di venire usato come alimento, fra le piante officinali  come una radice dalla grande forza terapeutica capace di alleviare raffreddori, raucedine, tosse e infezioni del tratto urinario.

Un antibiotico naturale tenuto in grande considerazione nei secoli passati e dalle  capacità curative che non sono state ancora ben valutate dagli studi scientifici che continuano ancora oggi.

In questo post voglio farti  scoprire questa radice pungente che amata e popolare in Germania e negli Stati Uniti, 85% del rafano coltivato a livello mondiale è americano, non è così diffusa in Italia ed è un vero peccato.

Una pianta officinale di cui invece delle radici si usano i piccoli semi è l’anice verde.

Questi piccoli semi dal sapore dolce e aromatico sono davvero ricchi di qualità officinali che puoi scoprire, insieme a tante altre notizie, cliccando qui sotto questo banner

La Siberia è la patria del rafano

Il rafano è originario dell’Europa orientale, dei territori   della Russia orientale e dell’ Ucraina, e ancora oggi in quelle   zone esistono varietà di rafano allo stato selvatico.

In questi paesi   venne impiegato prima come pianta officinale e in seguito anche in cucina.

A riprova di questa sua origine si riporta il fatto che la parola cren, con il quale il rafano è conosciuto in veneto e in Germania, è una parola che deriva dal russo Kren-cren-crenson termine con il quale in Russia si indica questa pianta.

Non vi è la certezza di quando si iniziò a usare questa radice ma si ritiene che il suo uso terapeutico iniziò circa 2000 anni fa.

Nell’Antico Testamento, nel libro dell’Esodo, si narra che il rafano veniva usato nelle cene rituali pasquali per simboleggiare la durezza della schiavitù.

Demostene, filosofo greco vissuto nel IV secolo prima di Cristo afferma che questa radice, che i Greci antichi usavano come  pianta officinale, fosse  un efficace afrodisiaco.

Questa credenza fu ripresa nei secoli successivi e popolarmente il rafano fu indicato come pianta che stimolava gli “appetiti di Venere”.

Apicio, celebre cuoco e ghiottone romano, che ci ha lasciato diversi libri con le ricette e gli alimenti che si consumavano nella sua epoca, non parla di questa piccante radice.

Altri autori romani invece la citano e quindi si ritiene che il rafano fosse conosciuto anche dai Romani ma non è certo.

Questa radice officinale la ritroviamo nel Medioevo quando veniva utilizzata solo per le sue proprietà curative.

Probabilmente la coltivazione del rafano non mancava negli “horti conventuali” insieme a quella di tante altre piante officinali che servivano per curare le  numerose malattie dell’epoca.

Nel XV secolo la coltivazione  del rafano era diffusa in Gran Bretagna dove veniva descritto come “una radice di natura coriacea e forte”.

Dalla fine del XVI secolo il rafano comincia ad essere introdotto anche in cucina e soprattutto in Germania impiegato come accompagnamento di carni e di salumi.

Con i primi coloni, nei primi decenni del 1600, giunse in America anche il rafano ma nessuno a quel tempo poteva immaginare l’enorme successo che avrebbe avuto nel Nuovo Continente.

La sua fama iniziò ad espandersi nella prima metà del 1800 quando gli immigrati tedeschi e polacchi portarono in America la loro grande passione per questa spezia e le ricette che la riguardavano.

Il rafano divenne così popolare e ricercato che nel 1869 un giovane imprenditore di nome Henry J. Heinz ebbe l’idea di mescolarlo all’aceto per garantirne la conservazione e di venderlo confezionato come salsa in piccoli barattoli.

Diffuso dapprima a Pittsburgh in Pennsylvania, il luogo natale dell’imprenditore, il rafano  confezionato da Heinz divenne così popolare da diffondersi in tutta l’America di quel tempo.

La salsa al rafano di Heinz divenne un pratico articolo alimentare   ricercato da un mercato di massa, il primo prodotto alimentare americano di questo tipo.

Una leggenda locale narra che le persone del posto, molto tempo dopo che il laboratorio dove si confezionava il rafano fosse trasferito altrove, sentissero ancora i potenti vapori della spezia esalare dalle assi del pavimento della casa dei genitori di Heinz.

Infatti, nei primi tempi della sua commercializzazione, il  laboratorio dove si lavorava il rafano era situato nella  cantina della casa dei genitori dell’imprenditore.

In Europa, il rafano, dapprima popolare solo nell’Europa centrale e in Germania, con il passare del tempo divenne sempre più apprezzato anche in Francia dove viene chiamato “La senape dei Tedeschi”.

In Germania  la coltivazione del rafano  si fa risalire al Medioevo diffusa specialmente nella Germania meridionale e nei paesi limitrofi.

Il rafano non è solo una spezia che insaporisce il cibo ma appartiene al patrimonio culturale di queste zone apprezzato al punto da essere citato  in testi di musica popolare del territorio alpino.

Prima che giungessero altre spezie esotiche, come lo zenzero e il pepe, il rafano  e la senape furono per secoli gli unici condimenti piccanti e ancora oggi questa aromatica radice costituisce un fattore economico di tutto rispetto in questi  territori.

La coltivazione del rafano  è così diffusa e importante che a questa  spezia è stato persino dedicato un museo detto   “Il museo più piccante al mondo”, che si trova in Baviera nella città di Baiersdorf.

In Slovenia e più precisamente in Stiria, una delle sue provincie,  la sua parte sud orientale è dedicata principalmente alla coltivazione del rafano con circa 300 aziende in attività.

Il clima locale caratterizzato da  una notevole umidità e da temperature elevate nel periodo di vegetazione di questa pianta, unito al terreno limoso e fertile che costituisce un suolo ottimale per questo tipo di coltivazione, hanno reso il “rafano stiriano” un prodotto di così alta qualità da meritare, dal 2009 il prestigioso marchio I.G.P. (Indicazione Geografica Protetta) da parte dell’Unione Europea.

A metà novembre si svolgono le “settimane del rafano” dove questa radice diviene la protagonista dei festeggiamenti e si può gustare in molti piatti tipici.

La pianta del rafano: un’erbacea vigorosa e perenne

Il rafano, nome scientifico Armoracia rusticana,  appartiene alla famiglia delle Brassicacee o Crucifere, e si presenta come una pianta erbacea, perenne, vigorosa e di altezza compresa fra gli 80 e i 100 cm.

Le  grandi foglie basali, ruvide, ondulate e dentellate, possono raggiungere una lunghezza di 80 cm con un picciolo che può essere lungo sino a 30 cm.

Le giovani foglioline invece sono differenti dalle grosse foglie basali perché si presentano piccole, lanceolate e finemente dentellate.

Al centro della rosetta di foglie, a tarda primavera, si elevano due o tre gambi e sulla sommità di questi gambi a giugno sbocciano i fiori che riuniti in corimbi sono bianchi e piccoli con 4 petali disposti a croce.

I semi sono inseriti in capsule bivalvi dette siliquette che a maturità si aprono per lasciar cadere i semi di forma ovale e appiattita.

La sua grossa e carnosa radice a fittone, di colore bianco giallastro, piuttosto allungata, è la parte della pianta che viene utilizzata sia in cucina che per usi officinali.

Come coltivare questa utile radice: il rafano

La coltivazione del rafano non è difficile al punto che   questa pianta rustica  , se trova terreno e clima favorevole, può diventare infestante.

Infatti in Italia la si trova inselvatichita in luoghi umidi, in prossimità di corsi d’acqua o nei terreni incolti in vicinanza di orti o case.

Il suo terreno ideale è quello fresco, limoso, fertile e sciolto perché la sua grossa e lunga radice possa svilupparsi senza difficoltà.

La collocazione migliore di questa coltura è in semi ombra, in un luogo che si mantenga fresco, ma questa pianta può essere coltivata anche al sole purché la si innaffi con regolarità.

La coltivazione del rafano inizia in primavera, quando è passato il periodo delle gelate, piantando i suoi semi oppure, più facilmente, si propaga per suddivisione dei rizomi da effettuarsi a fine inverno.

Il seme  si interra a circa 8 cm di profondità distanziando le giovani piantine, o i pezzi di rizoma, di circa 60 cm l’una dall’altra.

Se hai già piante di rafano e vuoi moltiplicarle questa pianta si moltiplica con facilità per divisione dei cespi.

Ecco come puoi eseguire questa semplice operazione.

Togli dal terreno una grossa pianta matura aiutandoti con una vanga, taglia le lunghe foglie e dividi le sue grosse radici rizomatose in più parti facendo però attenzione che ciascun pezzo sia provvisto di almeno due “occhi” da dove spunteranno nuove gemme.

Ripianta questi pezzi  in loco in terreno soffice, fertile e ben lavorato, non dimenticandoti di innaffiarli adeguatamente senza fargli mancare l’acqua.

In breve tempo attecchiranno e così potrai aumentare la  coltivazione del  rafano.

La raccolta del rafano

Si effettua in autunno prelevando le radici da piante di almeno 2 anni di età.

Se si estrae solo la radice questa perde rapidamente freschezza e turgore.

Tienila in frigo avvolta in carta umida e se non puoi usarla rapidamente grattugiala e mettila in frezeer.

Questa radice può essere anche essiccata tagliandola a fette di circa 1 cm che vanno esposte al sole ritirandole la sera per evitare l’umidità notturna.

Ben secca si conserva a lungo in sacchetti di carta o in vasetti di vetro.

Se invece si estraggono le radici con pezzi di piante allora si possono conservare piantate in cassette piene di sabbia che vanno riposte in un luogo asciutto, dove non geli e ci sia poca luce (non al buio).

Scopri le sue numerose proprietà del rafano

Il rafano è ricco di vitamina C, vitamine del gruppo B, di minerali come calcio e ferro.

Solo per questi  elementi così importanti vale la pena di iniziare la coltivazione del rafano nell’orto di casa  tuttavia il rafano possiede ben altre utili proprietà.

La radice del rafano, inodore se intatta, sprigiona un intenso profumo appena la si taglia o la si grattugia.

Questo pungente effluvio è dato dalla  sinigrina un olio volatile che contiene un potente antibiotico naturale.

Diversi studi condotti in laboratorio hanno accertato che il rafano è efficace contro le infezioni gastrointestinali prodotte da cibo contaminato con differenti batteri fra cui il batterio E. Coli.

Infezioni del tratto urinario, faringiti e infezioni del tratto respiratorio  si combattono efficacemente con il rafano come hanno concluso, in base alle loro ricerche, degli scienziati tedeschi.

Il rafano che appartiene alla famiglia delle Crucifere come i cavoli e i broccoli, possiede la proprietà, come altri membri di questa famiglia, di aiutare la salute del cuore combattendo due dei principali fattori  di rischio delle malattie cardiovascolari: il colesterolo e i trigliceridi.

Non solo il rafano possiede la proprietà come altre crucifere di aiutare la circolazione e il cuore, anzi  contiene in misura maggiore queste sostanze così benefiche,  ma  possiede anche il tiocianato una sostanza rara in natura che produce un pizzicore intenso quando la radice viene grattugiata o tagliata.

Questo effetto così forte ha  la caratteristica di dare una vera e propria “scarica”, se assorbito dalle mucose della cavità nasale, liberandola dagli intasamenti che spesso si formano durante i raffreddori.

Ecco perché le persone che grattano il rafano in cucina hanno spesso il naso che cola e le lacrime agli occhi.

Lo stesso effetto si  ottiene,  quando la sua  polpa viene masticata, attraverso la bocca e la gola.

Controindicazioni sul consumo del rafano

Consumare rafano non è indicato per le donne in gravidanza, per chi soffre di problemi gastrici e bruciori di stomaco, per chi è affetto da disturbi renali.

Un altro vegetale che è ottimo per condire e che è come il rafano ricco di vitamina C è un agrume,  il limone.

Come usare il rafano in cucina

In cucina questa piccante radice viene impiegata non solo per insaporire ma per rendere più digeribili le carni specie se grasse.

Infatti il rafano è un forte digestivo e  aiuta  a digerire cibi che potrebbero risultare pesanti come le carni di maiale e la salsiccia.

Il modo migliore per gustare questa aromatica radice, per i palati amanti dei sapori forti e decisi, è grattugiarla cruda sulle pietanze dopo averla ben pulita e raschiata con un coltellino.

Però deve essere  appena raccolta,  al massimo della sua freschezza, quindi  il  suo gusto è aromatico e pungente in misura maggiore.

In molte ricette tedesche e austriache, che richiedono questa spezia, viene indicato di trattarla in questo modo.

Tuttavia occorre coraggio per grattarla per i forti suoi vapori che fanno lacrimare occhi e naso.

Con la polpa del rafano, aggiunta ad aceto o a  panna acida, si ottengono salse dal sapore più o meno piccante che servono  da accompagnamento per bolliti, lingua salmistrata, pollo bollito, uova sode e arrosto di maiale freddo.

Anche il pesce gradisce una salsa al rafano specie se è affumicato.

La maionese viene insaporita da questa spezia  ma occorre metterne una dose molto piccola per non soverchiare il sapore della maionese stessa, la panna acida o il pane bagnato nel latte ne attenuano l’asprezza.

Ottimo è il burro al rafano ottimo per insaporire le costolette o le bistecche in padella.

Il burro al rafano si prepara unendo a 60 g di burro ammorbidito 3 cucchiai di rafano grattugiato e mescolando bene questi ingredienti, schiacciandoli con una forchetta,  di modo che venga una crema morbida che aggiusterai con un pizzico di sale.

Le dosi che ti ho indicato sono per 4 persone.

La salsa al rafano o cren è presente in particolar modo nella cucina Veneta, Trentina, Friulana e nell’Emilia Romagna.

La salsa con questa spezia, in numerose variati, è apprezzata specialmente all’estero nell’Europa del Nord e negli Stati Uniti dove la coltivazione del rafano è molto più diffusa che da noi.

Conclusioni sulla coltivazione del rafano

Diciamo la verità: esteriormente il rafano non è un granchè: si presenta come una radice lunga e bruttina, coriacea, con un colore spento e senza profumo.

Insomma si potrebbe affermare che il rafano sia il brutto anatroccolo della famiglia di variopinte verdure note come crucifere.

Tuttavia i componenti di questa famiglia, e il rafano non fa eccezione, sono noti per la più vasta produzione in tutto il regno vegetale di  isotiocianati (ITC) composti di cui è stata dimostrata la loro capacità di proteggerci dalle forme tumorali.

Quando i ricercatori dell’Illinois esaminarono il rafano al microscopio scoprirono che conteneva più isotiocianati del broccolo considerata sino a quel momento la crucifera che ne conteneva in misura maggiore.

Il supervisore di questo studio concluse dicendo: “il rafano ha un contenuto di isotiocianati superiore di dieci volte rispetto ai broccoli quindi non ne occorrono grandi quantità per sfruttarne tutti i benefici”

Questa postilla l’ho aggiunta per spronarti a consumare questa aromatica radice così benefica e gustosa.

Se non te la senti di grattarla cruda puoi sempre preparare il rafano sott’aceto,  questa  preparazione si conserva in frigo per parecchio tempo.

Vi sono in vendita ottime salse che hanno come ingrediente principale questa radice e che sono subito pronte, se non hai tempo per prepararle.

Se vuoi acquistarle fai molta attenzione agli ingredienti.

Un’ultima chicca: le tenere foglie primaverili del rafano danno gusto alle dolci insalatine di primavera e non sono molto piccanti.

Con quest’ultimo segreto termino questa mia chiacchierata su questa radice benefica, gustosa e di un piccante tutto particolare.

Cosa si può voler di più da una radice che umile e dimessa nasconde così tante e insospettate virtù?

Ti invito perciò a ricercarla e a consumarla se già non l’hai, e sarebbe il massimo, in un angolo del tuo orto.